Dunque, la sindaca di Cassina de’ Pecchi ha deciso di reinventare il calendario. Nel suo editoriale di Qui Cassina di marzo annuncia che il 25 aprile racconterà “le storie di quanti hanno vissuto l’orrore delle deportazioni”. Una frase che lascia interdetti. Non per cattiveria, forse. Solo per disattenzione.
Ma quando la disattenzione riguarda date che hanno costruito la nostra Repubblica, è difficile chiamarla solo distrazione. Il 25 aprile è la Festa della Liberazione: celebra un momento fondante della nostra democrazia, il giorno in cui l’Italia ha riconquistato la libertà dopo vent’anni di dittatura. È una data che porta con sé il ricordo della Resistenza, dell’impegno collettivo che ha reso possibile riscattare il Paese dal buio del fascismo. Per onorare specificatamente il ricordo delle deportazioni, invece, è stato istituito il 27 gennaio, Giorno della Memoria. Due ricorrenze distinte, con significati complementari che compongono il mosaico della nostra storia.
C’è un’espressione che ultimamente va di moda: “relativismo storico”. Un concetto che applicato all’interpretazione degli eventi può avere senso, ma che diventa pericoloso quando riguarda il significato dei fatti stessi. Le deportazioni sono parte della tragica storia del fascismo e del nazismo, ma non rappresentano il significato specifico del 25 aprile. La data che celebriamo ricorda la liberazione dell’Italia, un momento di rinascita collettiva.
In fondo, il tentativo di modificare il significato politico del 25 aprile non è nuovo. Si preferisce parlare di “celebrazione della pace”, di “ricordo generico”, tutto fuorché dell’antifascismo che ne è l’anima. Come se pronunciare quella parola – antifascismo – fosse diventato sconveniente, quasi imbarazzante. E invece è proprio quell’imbarazzo che dovrebbe preoccuparci.
La senatrice Liliana Segre, sopravvissuta ad Auschwitz, ha detto una volta che “la Memoria è un vaccino prezioso contro l’indifferenza“. Ma perché il vaccino funzioni, occorre che la Memoria sia precisa. Che non confonda le date, i significati, i valori. Altrimenti rischiamo di immunizzarci contro il male sbagliato, mentre l’infezione vera continua a diffondersi.
Non so se la sindaca abbia confuso le date per leggerezza o per calcolo. Ma so che nei dettagli apparentemente innocui si nascondono spesso le battaglie culturali più importanti. Quando la nebbia avvolge la storia, diventa più facile smarrire la strada del futuro.
Domani è un altro giorno, ma solo se oggi riconosciamo con chiarezza cosa siamo stati ieri.